C’è un proverbio che descrive esattamente il Bias di questa settimana: “E’ la prima impressione quella che conta” e per quanto il proverbio possa essere politicamente scorretto, dobbiamo comunque far pace con la sua esistenza. 😳
Il primo a scoprire il Bias chiamato effetto alone fu Edward L. Thorndike, in una ricerca condotta nel 1920, nella quale riferì l’esistenza dell’effetto nei militari a seguito di esperimenti condotti con gli ufficiali in comando.
Thorndike scoprì che quando i comandanti avevano una buona impressione di una caratteristica di un soldato tendevano ad estendere il giudizio positivo su tutte le altre qualità del soldato.
E così i soldati più alti e più attraenti furono stati classificati anche come soldati più intelligenti e migliori.
Da questo esperimento emerse che le persone generalizzano da un tratto eccezionale per formare una visione favorevole dell’intera personalità di una persona, soprattutto quando si hanno poche informazioni sulla persona stessa.
Attenzione però, perché l’effetto alone può influenzare sia il giudizio positivo quanto quello negativo e vale tanto per le persone quanto per gli oggetti e le aziende.
Pensiamo al lancio di un nuovo prodotto.
Quando un brand lancia un nuovo prodotto o servizio, può sfruttare l’effetto alone per trarne beneficio. Se il brand è percepito positivamente dal suo pubblico, i consumatori tenderanno a estendere l’associazione positiva al nuovo prodotto lanciato.
L’effetto si ottiene ugualmente quando le caratteristiche di una persona vengono trasferite al prodotto.
Pensiamo, ad esempio alle pubblicità di prodotti relativi alla salute o all’alimentazione nelle quali si usano attori con particolari caratteristiche fisiche. Head & Shoulders e Federica Pellegrini ti dicono nulla?
Come sempre, per difendersi dai Bias è necessario disattivare il pilota automatico e riflettere su cosa ci sta accadendo, consapevoli del fatto che tutto ciò costa molta energia e molto stress.
Essere consapevoli dei bias cognitivi è fondamentale, soprattutto quando si prendono decisioni strategiche legate alla comunicazione o al marketing. In questo senso, confrontarsi con un Marketing Coach può essere utile non tanto per ottenere una risposta pronta, ma per esplorare insieme le percezioni, i meccanismi automatici e i ragionamenti che spesso influenzano scelte importanti senza che ce ne accorgiamo.
Allenarsi a distinguere i dati reali dai riflessi del nostro giudizio è il primo passo per costruire un marketing più efficace… e più consapevole.
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