“L’Italia è il Paese con il maggior numero di liberi professionisti in Europa: solo quelli iscritti a un albo professionale superano la quota di 1,4 milioni e costituiscono il 5% delle forze lavoro in Italia e il 25% del complesso del lavoro indipendente”.
Questo è il quadro che emerge dal ‘Rapporto 2017 sulle libere professioni in Italia’, curato dall’Osservatorio libere professioni di Confprofessioni.
Sempre dal Rapporto si legge che “In termini dimensionali, il nostro Paese conta 24 liberi professionisti ogni mille abitanti e il loro numero aumenta a un ritmo di oltre il 22%. Ogni anno, cioè, oltre 250 mila persone scelgono la strada della libera professione, che in Italia è diventata un vero e proprio polmone del mercato del lavoro confermandosi come un segmento anticiclico dell’occupazione”.
Wow! Sembra che ci sia la corsa nel diventare un Libero Professionista.
Ma è davvero così “figo” intraprendere la libera professione?
Beh, vi racconto una storia, la mia storia a partire dal Gennaio 2008 ovvero l’anno del cambiamento.
Prima di allora ero dipendente e avevo lavorato presso alcune tra le agenzie di comunicazioni più importanti di Palermo.
Tuttavia, in quegli anni, alcune di loro cominciarono a chiudere.
Chi per mancanza di fondi per l’organizzazione di eventi, altre per incapacità dei soci nella gestione dei clienti e altre ancora per mancanza di una vision e una mission aziendale abbastanza forte da reggere i cambiamenti di mercato.
Morale della favola: ero costretto a vagare da agenzia in agenzia sperando che non chiudesse da lì a poco tempo.
Così, stufo della situazione, pensai che l’unico a decidere sulle sorti del mio licenziamento sarebbe stata una sola persona e cioè io.
A gennaio del 2008 aprii la mia partita iva e da allora iniziò la mia nuova vita da Libero Professionista.
Ricordo che il commercialista di allora era stato molto chiaro con me.
Il primo anno non si guadagna, il secondo serve per coprire le spese e dal terzo anno in poi, dopo aver fatto un po’ di gavetta, si iniziano ad intravedere i guadagni.
Non durò molto.
Qualche anno dopo decisi di cambiare commercialista.
Tuttavia non aveva torto.
Il primo anno fu una vera e propria tragedia.
Il secondo andò un poco meglio, ma il terzo fu peggio del primo.
Fu proprio in quel periodo che cominciai a pensare che la libera professione facesse veramente schifo.
Da neo libero professionista pensavo che:
- sarei stato il capo di me stesso;
- non avrei preso ordini da nessun altro;
- avrei potuto avere tutti i clienti che desideravo;
- i soldi sarebbero stati tutti miei e non li avrei divisi con nessuno;
- tutte le decisioni le avrei prese io e da solo;
- non avrei dovuto rendere conto a nessuno (se non al cliente);
- sarei potuto andare in vacanza quando volevo;
- avrei potuto lavorare quando volevo, rispettando gli orari d’ufficio;
- sarei stato super creativo;
- avrei potuto vendere qualsiasi cosa, perché sarebbe stato sicuramente un successo;
- avrei guadagnato un sacco di soldi;
- avrei avuto un ufficio straordinario.
Ma soprattutto, sarei stato un Libero Professionista Affermato, l’unico e solo a dominare il mercato e senza seccature di qualsiasi tipo.
Peccato che nel giro di pochi anni, appunto il terzo, iniziai a pensare l’esatto contrario:
- i clienti erano i miei capi;
- prendevo ordini dai clienti;
- non avevo un metodo per acquisire i clienti né tanto meno per selezionarli;
- i soldi li dividevo con lo Stato e a volte non bastavano;
- non avevo un metodo per prendere le decisioni;
- non sono mai andato in vacanza;
- lavoravo più di dieci ore al giorno;
- ho cominciato ad odiare la creatività;
- più servizi offrivo, più creavo confusione nella mente dei clienti;
- non ho guadagnato un sacco di soldi;
- il mio ufficio era la camera di casa mia.
Ma soprattutto, non ero per nulla Libero e nel frattempo, il mercato stava diventando saturo e pieno di concorrenti affamati, pronti a tagliare le tariffe per accaparrarsi i clienti a tutti i costi.
Nella mia testa iniziarono ad affiorare altri pensieri.
Forse dovrei tornare a fare il dipendente?
Forse dovrei unirmi ad altri professionisti?
Forse non sono portato per fare il libero professionista?
Forse non sono poi così capace come pensavo?
Forse servono gli agganci giusti e un po’ di fortuna?
Forse dovrei chiudere la partita iva?
Così tanti “forse” che la mia autostima cominciò a risentirne e pure parecchio.
E devi credermi.
Quando cominci a perdere la stima di te stesso e l’entusiasmo, la vita può diventare davvero poco interessante.
Soprattutto perché inizi a pensare a tutti gli anni e i sacrifici fatti per ottenere una posizione lavorativa dignitosa e remunerativa:
- Sacrifici per ottenere il diploma di Laurea.
- Sacrifici per non essere fuori corso.
- Sacrifici per non buttare via soldi al vento.
- Sacrifici per dare sempre il massimo.
- Sacrifici per non deludere le aspettative.
- Sacrifici per avviare uno studio.
- Sacrifici per pagare le utenze.
- Sacrifici per pagare l’affitto.
- Sacrifici per tutto.
Tuttavia, il 2011 fu l’anno del secondo cambiamento.
Nonostante la vita da freelance non era per nulla ciò che desideravo, cominciai a fare rete con alcuni colleghi (poi diventati amici), mi aprii a molte collaborazioni, creai nuovi progetti e feci di tutto per dare linfa vitale alla mia attività.
Iniziai ad acquisire nuove competenze.
Cominciai ad esplorare mondi a me sconosciuti.
Dal 2011 al 2018.
Sette anni intensi.
Sette anni di lavoro con aziende, pubbliche amministrazioni, eventi, formazione e liberi professionisti come me, dove tutti erano alla ricerca di maggiore visibilità.
Sette anni di studi, di tecnicismi, di confronti, di esperimenti, di risultati e di cosa potesse realmente servire ai clienti.
La quantità di libri, e-book, webinar, corsi e workshop che ho divorato non li conto più.
Iniziai a mettere insieme tutti quei puntini (in stile Steve Jobs) per capire che il Libero Professionista del 2008 non poteva essere più lo stesso dopo dieci anni.
Non ero più il “Gianluca Web Designer” che sviluppava siti.
Non ero più il “Gianluca Grafico” che realizzava bellissimi lavori di design.
Non ero più il “Gianluca che si lanciava in qualsiasi progetto”.
Non ero più il “Gianluca che organizzava eventi”.
Stavo diventando un nuovo Libero Professionista e la mia attività stava prendendo un’altra direzione.
Con un foglio di carta e una penna buttai giù alcuni concetti, mappe mentali, schemi e interi ragionamenti.
Iniziai a passare al setaccio tutti i clienti, i progetti e le mie esperienze.
Ho continuato a studiare e a sperimentare.
E’ stato un processo lungo e faticoso, grazie al quale ho potuto comprendere alcune dinamiche che determinavano il successo o l’insuccesso di strategie, campagne di comunicazione e piani marketing.
Non era colpa mia o delle aziende o dei liberi professionisti.
Piuttosto, era la mancanza di cultura.
Era l’assenza di informazioni chiare e ben organizzate.
Era la mancanza di una vision chiara.
Così ho iniziato a creare un terreno culturale attorno a me di modo da allineare i clienti agli stessi valori in cui credo.
Nessuna magia, nessun trucco, ma la libera professione non faceva più così tanto schifo come prima.
Ripresi quella lista, per molti utopistica, nella quale ogni libero professionista ripone le sue speranze:
- sarei stato il capo di me stesso;
- non avrei preso ordini da nessun altro;
- avrei potuto avere tutti i clienti che desideravo;
- i soldi sarebbero stati tutti miei e non li avrei divisi con nessuno;
- tutte le decisioni le avrei prese io e da solo;
- non avrei dovuto rendere conto a nessuno (se non al cliente);
- sarei potuto andare in vacanza quando volevo;
- avrei potuto lavorare quando volevo, rispettando gli orari d’ufficio;
- sarei stato creativo;
- avrei potuto vendere qualsiasi cosa, perché sarebbe stato sicuramente un successo;
- avrei guadagnato un sacco di soldi;
- avrei avuto un ufficio straordinario.
Bene!
Non è utopia e non servono le speranze.
E’ realtà e serve solo un metodo, strumenti di ragionamento e tanta applicazione pratica.
Essere un libero professionista fa schifo? No, adesso non più.
E tu? Cosa ne pensi?